Il cane abbaia e disturba il condominio? Responsabile è chi abita nell’appartamento
di Selene Pascasi
Se l’abbaiare notturno disturba il riposo di tutto il quartiere, la condanna scatta a carico dei titolari dell’appartamento da cui provengono i latrati, a prescindere dal fatto che siano, o meno, i proprietari dei cani. Lo afferma la Corte di Cassazione, con sentenza n. 38901 depositata lo scorso 24 agosto (relatore Stefano Corbetta) . A muovere il caso, soventemente al centro di contrasti condominiali, sono le accuse mosse nei confronti dei titolari della villetta in cui erano detenuti due pets a dir poco fastidiosi: gli animali, abbaiando senza sosta e nottetempo, erano soliti “rovinare” il riposo del vicinato. Di qui, la condanna a trecento euro di ammenda ciascuno, emessa dal Tribunale di Lucca per «disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone», contravvenzione prevista e punita dall’articolo 659 del Codice penale. Prevedibile, il ricorso per Cassazione. Intanto, ad avviso degli imputati, mancava una prova certa degli eventi, non affatto rinvenibile negli esposti presentati, plurimi sì, ma non confortati dall’esame dei denuncianti. E l’esser titolari dell’alloggio non poteva elevarsi a causa sufficiente per motivare una condanna che, semmai, andava rivolta nei confronti dei legittimi proprietari degli animali, risultanti dall’anagrafe canina. I latrati, poi, non potevano dirsi emissioni sonore idonee «a disturbare un elevato numero di persone, avendo invece raggiunto una cerchia limitata di soggetti» (tre testimoni). Ricorso bocciato. Va premesso, chiariscono gli ermellini, che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare «oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura». Tra questi, possono annoverarsi anche le dichiarazioni di coloro che siano in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo «nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore» in relazione alla fattispecie. Ebbene, nella vicenda, la prova del superamento della soglia della normale tollerabilità delle fonti sonore era stata correttamente desunta sia dal narrato di alcuni vicini, che dai riscontri posti in essere dall’agente di polizia municipale che aveva effettuato il sopralluogo. Questi, peraltro, nel constatare che in casa non c’era nessuno, aveva notato un cartello con una scritta di protesta di una donna contro il seccante latrare dei cani. Fondata, quindi, la condanna inferta dal giudice toscano, considerato che – scrive la Cassazione – il «dovere d’impedimento di strepiti di animali deriva dal mero possesso degli animali medesimi, a prescindere dal formale titolo di proprietà, essendo l’obbligo di impedimento collegato all’effettiva signoria sugli animali, i cui strepiti non sono impediti». Respinta, altresì la censura inerente l’effettivo disturbo della quiete pubblica. La contravvenzione, marcano i giudici di legittimità, sussiste ogni volta che i rumori molesti abbiano una tale diffusività che l’evento disturbante sia tale da essere risentito dalla collettività, nozione inclusiva di chi si trovi nell’ambiente e di chi viva in zone limitrofe alla provenienza del disturbo. L’analisi dell’entità del fenomeno rumoroso, d’altronde, va effettuato in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui si verifica. Di conseguenza, bilanciata la diffusività dei rumori, percepibili dal di fuori dello stabile di provenienza e l’orario notturno, era palesemente venuto in essere quel disturbo al riposo di un numero indeterminato di persone puntualmente sanzionato dal codice penale. Tuttavia – se abbaiare è ormai riconosciuto come un “diritto del cane” dal Tribunale di Lanciano, giudice Giancarlo De Filippis, con una sentenza pilota del 2012 e la Cassazione 45967/2017 detta un decalogo sui confini di responsabilità del suo “padrone” – sfuggirà alla condanna il proprietario dell’animale che abbia disturbato solo i vicini e non l’intera zona o palazzo (Cassazione 16677/2018). Pene aspre, invece, per colui che, dotandolo di un collare antiabbaio tale da infliggergli una scossa elettrica ad ogni abbaio, perpetri il reato di cui all’articolo 727 del Codice penale («abbandono di animali») per aver detenuto le bestiole «in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze» (Cassazione 3290/2018). Ma attenzione, anche a non lasciare gli amici a quattro zampe da soli in giardino senza cure né compagnia o in casa per le vacanze perché, seppur “attrezzati” di ciotole d’acqua e cibo a sufficienza, si tratterà sempre di abbandono (Cassazione 29894/2018).
(Da il “Quotidiano de Il Sole 24Ore – Condominio”)